Se neppure l’inferno Kabul ci risveglia

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L’editoriale di domenica 29 agosto del direttore della Gazzetta

MANTOVA. Ci siamo riscoperti sgomenti, in ansia per qualche minuto o giorno davanti alle immagini da Kabul. Ci siamo lambiccati il cervello per ricostruire a spanne cosa poteva essere successo negli anni mentre eravamo distratti da altro di più urgente o cogente per il nostro ego ipertrofico e miope.

Poi ci siamo avventurati (in una pausa tra le nostre riflessioni sull’immunologia e i diritti doveri di fronte al bivio del green pass obbligatorio) nella politologia per attribuire con una facilità o una faciloneria tutta nostra colpe e responsabilità alla comunità internazionale, all’Occidente che siamo, agli Usa padroni, alla Cina che soffia sotto il fuoco. Faticando per una volta a individuare le tracce di un grande e misterioso complotto ma convinti che comunque deve esserci e prima o poi sarà svelato.

Però c’era un giovane console italiano in prima linea di cui stupirsi, da ammirare; una altrettanto giovane maggiore dell’aeronautica che salvava cento persone sotto le mitraglie dei talebani (o dei terroristi, nel nostro immaginario che circumnaviga la realtà non c’è differenza). Avevamo ancora i nostri eroi, le nostre medaglie d’oro, nel mentre ritornavamo noi stessi commentando le notizie. Perché, eh sì…, i corridoi umanitari: bella cosa, ma se vanno a finire altrove; i profughi da accogliere, sì, ma non tutti noi e poi che siano davvero profughi, certificati e vaccinati, mica ancora un’invasione di disgraziati che poi ci costano…

Nel 1200 Jalal al-Din Rumi, immortale campione della letteratura mistica persiana, scriveva: “Là fuori, oltre a ciò che è giusto e sbagliato, esiste un campo immenso. Ci incontreremo lì”. Quel campo è anche qui: non lo abbiamo coltivato molto negli ultimi anni, ma l’inferno di Kabul ci offre l’occasione di tornare a seminare qualcosa che sia più produttivo dei nostri pur legittimi pensieri su Biden o le Ong. Che sia riparo e riscatto: non solo per chi si aggrappa a noi come alla carlinga di un aereo militare, ma anche per il nostro presente.

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