Esposti in Procura e controlli Arpa nel Mantovano fra 2018 e 2019

«I contadini? Basta che gli ari il terreno» «Puzza da morire Ma attenti ai 5Stelle»

/ mantova

Oltre 150mila tonnellate di fanghi contaminati, sversati e poi interrati in 3mila ettari di campi, parte dei quali nel Mantovano. Questo grazie anche alla disponibilità di ditte compiacenti che si prestavano agli spandimenti effettuati nella nostra provincia a Canneto, Asola, Ceresara, Casalromano, Casalmoro, Volta Mantovana, Cavriana e Castiglione delle Stiviere. Fra i 15 indagati dalla Procura di Brescia anche una imprenditrice di Asola, Stefania Chiesa mentre nelle intercettazioni si fa riferimento a terzisti disponibili per gli spandimenti ad Asola e Medole. Fulcro delle attività illecite, secondo l’indagine curata dai Carabinieri Forestali del gruppo di Brescia, la società bresciana Wte srl, che ritirava i fanghi dei depuratori e, invece di igienizzarli trasformandoli in gessi (attività lecita), per risparmiare sul materiale e sui tempi, avrebbe volontariamente sottoposto gli scarti a veloci lavorazioni che lasciavano inalterati i carichi di inquinanti, poi riversati sui terreni provocando le forti proteste dei cittadini allarmati per i cattivi odori. Una condotta che si sarebbe interrotta a metà del 2019 dopo un blitz della Forestale nell’azienda e nelle sei società collegate.

i controlli Arpa

Ma anche nella nostra provincia, più volte diversi cittadini avevano segnalato scarichi sospetti. E sempre l’Arpa (l’agenzia regionale di protezione ambientale) era andata verificare con sopralluoghi e prelievo di campioni di materiale. Casi, fra 2018 e 2019, erano accaduti a S. Giorgio Bigarello, Bagnolo San Vito, Castel Goffredo, Volta Mantovana e Castelbelforte. In tutti i casi non era la Wte, gli esiti delle analisi erano stati positivi, pur registrando la scarsa qualità dei prodotti sparsi nei campi. E sempre la segnalazione era stata poi inviata alla Procura.

«puzza da togliere il fiato»

Intanto, dalle 204 pagine dell’ordinanza destinata ai 15 indagati emergono nuovi particolari. Per primo, il fatto che le esalazioni odorigene nei tre impianti bresciani della Wte (Calcinato, Calvisano e Quinzano d’Oglio) erano così intensi da creare malessere nei dipendenti che operavano sui trattori «si fa fatica a respirare pur restando in cabina» racconta uno degli indagati, ridendo del fatto che anche l’Arpa non riesce a fare i campionamenti per l’odore nauseabondo. «All’interno del capannone non si respira, non si riesce a caricare i gessi» dice un altro operatore che ricorda come un operaio indiano volesse andare al pronto soccorso «perché gli fanno male i polmoni, la testa e gli brucia la gola». Uno dei motivi, è che per risparmiare, gli inquirenti hanno trovato che la ditta usava acido solforico contaminato, con una massiccia presenza di inquinanti chimici e metalli pesanti, derivante da batterie esauste. Peraltro non vi era alcun rapporto fra le reali necessità dei terreni e gli spandimenti.

agricoltori raggirati

Per la Wte gli agricoltori…