Mantova, lettera aperta di 90 professionisti: «Così del Poma resterà un cumulo
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Le parole dei sanitari: mandati a operare dai privati, liste d’attesa allungate, reparti allo sbando, noi umiliati
Riceviamo da un gruppo di 90 professionisti della sanità mantovana questa lettera aperta ai cittadini e alle istituzioni locali che pubblichiamo integralmente, accogliendo la richiesta (che essi stessi motivano) di non pubblicare le generalità dei firmatari.
«Cari cittadine e cittadini, egregio Sindaco, autorevoli politici mantovani, a scrivervi è un gruppo di medici e professionisti che sente la necessità di informarvi su quello che sta succedendo nell’Ospedale della vostra città e della vostra provincia.
L’Asst Carlo Poma di Mantova è l’unico ospedale della provincia e della zona sudorientale della Lombardia ad avere tutte le specialità internistiche e chirurgiche. Il nostro ospedale come tutti gli altri ospedali lombardi e nazionali, è stato messo a dura prova dalla attuale pandemia. Durante la prima ondata tutti noi medici, insieme ad infermieri, personale sanitario, tecnico e di supporto assistenziale e logistico, siamo stati in prima linea nell’affrontare l’eccezionalità della situazione.
Abbiamo accettato le direttive regionali e della nostra amministrazione per fronteggiare il virus: abbiamo rinunciato alle sale operatorie, ai nostri reparti, ai nostri infermieri specializzati; siamo andati ad eseguire interventi in elezione in altre strutture ospedaliere, per lo più private convenzionate, con la speranza che prima o poi l’Azienda strutturasse quanto fosse utile perché ciascuno di noi si riappropriasse dei propri spazi e delle proprie attività di reparto, di sala operatoria e dell’attività diagnostica e di prevenzione.
Nella seconda e terza ondata però qualcosa a nostro parere non ha funzionato correttamente.
Le direttive regionali impartivano di distribuire equamente tra pubblico e privato il carico assistenziale dei pazienti Covid. Queste direttive non sono state seguite in toto, con conseguente sovraccarico delle strutture pubbliche, rispetto alle strutture private convenzionate.
Il risultato è stato un ulteriore allungamento delle liste di attesa, già messe a dura prova da un anno di pandemia, e un marcato indebolimento della ricettività della struttura pubblica per i pazienti non Covid.
Da un anno sia il personale infermieristico che medico è stato spostato in emergenza presso reparti Covid senza un chiaro programma di riordino organico di ruoli e specifiche competenze.
Molti professionisti stanchi ed umiliati dalla scarsa considerazione, in assenza di una prospettiva di sviluppo, riorganizzazione, riammodernamento tecnologico e crescita futura, dopo anni di servizio stanno chiedendo il trasferimento verso l’assistenza territoriale o verso strutture private.
Se il fine ultimo ed unico è la tutela della salute e il bene delle nostre pazienti e dei nostri pazienti, essi hanno il diritto di avere a disposizione una sanità pubblica di alto livello nella loro città e nella loro provincia.
Su questo…
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