Con le mani affondate nella terra, così sguardo e pensiero diventano arte

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Scultura. Accademia Creative Lab Enterprise: appuntamento con Roberta Busato, artista veronese che da anni vive e lavora a Mantova

MANTOVA. Sporcarsi le mani affondandole nella terra cruda. Materiale povero, antico e moderno. Dalla terra cruda nascono le sculture di Roberta Busato, artista veronese che da anni vive e lavora a Mantova.

Busato è stata la protagonista del primo appuntamento di Accademia Creative Lab Enterprise, progetto prodotto da Pantacon in collaborazione con le cooperative Zero Beat, Teatro Magro e Charta, realizzato nell’ambito del progetto “Virgilio e Dante 4.0, nuove strade antichi maestri”, finanziato da Anci avviso Sinergie.

Il progetto conduce gli spettatori, anche se in streaming, in studi, laboratori e botteghe degli scultori. Una narrazione ibrida. Un po’ documentario, un po’ intervista, un po’ performance. «Ora vi faccio entrare nella stalla, che è molto fredda», sorride l’artista dando il benvenuto nel suo studio alla troupe.

«Ho iniziato a usare la terra cruda costruendo a casa mia una stufa con questo materiale – racconta Busato – C’è molto teatro all’interno del mio lavoro in terra. Mi piace usarla perché è qualcosa che noi calpestiamo. Potrei scavare, prendere la terra e lavorarla per creare una scultura. Questa sarebbe una performance. Inoltre è un materiale vivo: non è come la pietra, ferma, statica. La terra è così adesso, in questo presente. Domani potrà essere altro». Tra le sue opere più importanti, il ciclo legato alle “Teste”. Grandi volti con gli occhi chiusi. «Ho iniziato con le teste in terra cruda perché era una mia esigenza. Era qualcosa che volevo fare, senza pormi l’idea di entrare dentro una galleria, un meccanismo o altro. Si tratta di un ciclo di lavori che probabilmente non avrà mai fine. Un percorso che prosegue, nel quale torno e mi allontano. Sono nate in un periodo in cui avevo bisogno di chiudere lo sguardo. Quella chiusura ha creato un’apertura interna che ha dato il via a mio percorso».

Le teste sono in parte colorate grazie ad un pigmento inserito all’interno della terra stessa. «La parte blu delle teste rappresenta la calotta celeste. Il nome di ognuna corrisponde ad una costellazione». Il lockdown è stato fonte di ispirazione per una mostra che ha visto protagonisti i suoi lavori la scorsa estate a Pietrasanta. «Duecento metri era lo spazio oltre il quale non si poteva andare. Ero affascinata dalla strada vuota e dal fatto di essere l’unica cosa in movimento. Ad ogni finestra c’era qualcuno che mi guardava. E lì è nata l’idea di creare queste sculture teatrali, con dietro quinte che rappresentavano mura domestiche. Personaggi che mi osservavano: la coppia, il giovane ragazzo, l’uomo che sorride».
 

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