non ci furono estorsione e truffa

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Il Palazzo di Londra

Il Palazzo di Londra © settimana news

TERMOLI. Ricordate la vicenda del palazzo di Londra acquistato dal Vaticano in cui è stato coinvolto il broker molisano Gianluigi Torzi?

Beh, la magistratura britannica ha dichiarato con sentenza che non ci sono state né estorsione e né truffa, aprendo la strada a un risarcimento multimilionario, viste le migliaia di persone che lavorano per il finanziere in tutto il mondo.

Clamoroso al Cibali, pardon, alla corte inglese, che si è espressa lo scorso 11 marzo, quando è stata respinta la richiesta della pubblica accusa del Crown Prosecution Service, che avevano disposto il blocco dei conti di Torzi. Ma il giudice è andato oltre, entrando nel merito della vicenda, accogliendo e ritenendo valide le prove portate in giudizio dalla difesa. 

Il giudice non solo ha sbloccato i conti del finanziere naturalizzato inglese, ma è entrato nel merito della questione: aspetto che va oltre alla decisione specifica, smontando il castello di accuse presentato dai pubblici ministeri e accettando di fatto l’evidenza delle prove di non colpevolezza di Torzi esposta dalla sua linea difensiva – e coincidente con quanto portato in tribunale dallo stesso Crown Prosecution Service

Da notare che nella sentenza il giudice prende toni duri contro i pubblici ministeri, contesta l’operato dei magistrati vaticani, indica le prove come oggetto di una rappresentazione

Da carnefice a vittima? Possibile? La patria del common law così ha decretato. Per i legali del broker molisano questa evoluzione, a cui auspicavano proprio in virtù delle carte che avevano in mano, porta elementi fondamentali che vanno al cuore della vicenda, quella del fermo subito nel giugno scorso da Torzi, trattenuto in Vaticano con espressi fini probatori. 

Qualcosa che rappresenta sostanzialmente una violazione dei diritti che in alcuni media era già stata portata all’evidenza dal semplice racconto della vicenda, e che adesso il giudice londinese avvalora ulteriormente dato che non ha ritenuto sostenibile neanche l’astratta configurabilità del reato.

Estorsione e truffa che non trovano riscontri negli accordi sottoscritti, che Torzi ha fornito come prova della sua innocenza, e che tutte le persone che hanno ruotato attorno all’affare non potevano non essere perfettamente a conoscenza dell’intera operazione.

Nella sentenza si spiegano tutti i passaggi per cui il vincolo di sequestro sui beni di Torzi non può essere mantenuto, e costruisce la serie di categorie che intende confutare. Ma la parte centrale è la non veridicità delle accuse, che risultano smontate. Venendo meno queste, che il Cps aveva usato per conto del…

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