Tasso di disoccupazione in calo nel Mantovano, ma mancano operai specializzati

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Diminuisce nel Mantovano il tasso di disoccupazione ma aumenta il divario (il mismatch nel linguaggio economico) tra domanda e offerta di lavoro, in pratica la difficoltà per le imprese di trovare le figure professionali che servono. È il cuore del rapporto annuale sulle dinamiche occupazionali dell’Osservatorio provinciale sul mercato del lavoro presentato ieri nella sala Chiaventi della Provincia.

L’anno scorso il tasso di disoccupazione si è attestato sul 4,4%, sei punti in meno rispetto all’anno precedente, arrivando ai livelli pre-crisi del 2008 (nel 2019, prima del Covid, era al 6,4). Di riflesso, è aumentato il tasso di occupazione salito di 4,2 punti al 52,7%, leggermente più alto di quello lombardo. Secondo l’Istat i disoccupati nel Mantovano sono oltre 8mila, un numero superiore, in Lombardia, solo a Sondrio, Lecco e Lodi e vicino a quello di Cremona. Gli occupati sono 182mila, il 5% in più rispetto al 2021.

«L’aumento dell’occupazione – ha osservato Anna Capucetti, autrice del rapporto insieme a Luca Ferrari – è da ricondurre anche a un deciso calo del numero di persone inattive che passano dalle 78mila nel 2021 alle 69mila del 2022». Tocca a Donatella Panizzi, consigliere provinciale con delega al lavoro, introdurre l’altro aspetto importante della ricerca, quello dell’aumento del mismatch tra domanda e offerta di lavoro, poi approfondito dalla stessa Capucetti.

«Secondo le imprese mantovane – ha sottolineato – le difficoltà di reperimento di personale sono solo in parte associate a una formazione inadeguata, ma perlopiù nascono sia da un’offerta ridotta e non sufficiente sia da una carenza di capitale umano, le cui disponibilità non trovano corrispondenza con le richieste dei profili professionali delle aziende. Tanti, poi, ormai guardano al tema della conciliazione tra vita e lavoro e l’accettazione di un impiego dipende da quanto tempo e spazio può essere destinato alla vita privata e alle concessioni che il datore riesce a mettere sul piatto. Da qui anche l’aumento delle dimissioni, atto che vanifica anche gli sforzi fatti dai centri per l’impiego».

Capucetti, a sua volta, ha evidenziato «la crescita significativa» delle difficoltà delle imprese nel trovare i profili ricercati, visto che la percentuale di nuovi lavoratori qualificati di difficile reperimento è salita dal 33% nel 2021 al 43% nel 2022 e al 45% nell’aprile di quest’anno. «Non si riesce a trovare un profilo professionale su tre – ha detto la ricercatrice – in particolare, si tratta di artigiani e operai specializzati come elettricisti, idraulici e installatori di impianti elettrici, oltre che operatori di professioni tecniche intermedie come i contabili». Una difficoltà di reperimento, si legge nel rapporto, che per i primi è del 60% e per i secondi del 53%.

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