gli stili di vita fanno differenza
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Più di 4 milioni già diagnosticati, circa 1,5 milioni di malati che non sanno di esserlo e altri 4,5 milioni di persone con prediabete, spesso senza sintomi tangibili, e che quindi rischiano, inconsapevolmente, di ammalarsi: questo è l’impatto stimato del diabete in Italia. Di fronte a queste cifre, il 14 novembre, Giornata mondiale del diabete, diventa un’occasione da non sprecare per avviare quei cambiamenti nel nostro stile di vita che possono fermare o ritardare la progressione del prediabete verso il diabete conclamato, patologia che richiede significativi cambiamenti nella dieta, costante monitoraggio della glicemia e spesso l’assunzione di farmaci.
Il prediabete, chiamato anche ridotta tolleranza al glucosio o alterata glicemia a digiuno, è caratterizzato da livelli di glucosio nel sangue superiori al normale, ed è una condizione che precede la quasi totalità dei casi di diabete. La buona notizia è che questa progressione non è inevitabile, poiché tempestivi cambiamenti nello stile di vita e nella dieta possono fare una grande differenza. Fare esercizio fisico, prestare attenzione al contenuto di zuccheri degli alimenti e limitarne l’assunzione, consumare più frutta e verdura e accrescere l’apporto di cereali integrali e fibre, sono scelte sane nella giusta direzione. Anche un semplice cambio di snack può fare la differenza.
Uno studio recente, finanziato dall’Almond Board of California – si legge in una nota – ha dimostrato che fare spuntini con le mandorle ha contribuito a migliorare il metabolismo del glucosio negli adolescenti indiani e nei giovani adulti con prediabete. Primo nel suo genere su persone con prediabete, questo studio clinico controllato randomizzato mirava a determinare l’effetto del consumo di mandorle sui fattori di disfunzione metabolica tra cui glucosio nel sangue, lipidi, insulina e altri marker infiammatori selezionati in 275 adolescenti e giovani adulti (59 maschi, 216 femmine; età 16-25 anni) con prediabete.
Il gruppo mandorle (n=107) ha mangiato 56 grammi di mandorle non tostate (340 calorie) ogni giorno per tre mesi, mentre il gruppo di controllo (n=112) ha consumato uno spuntino salato con lo stesso numero di calorie, equivalenti in entrambi i casi al 20% del fabbisogno giornaliero di energia. Per tutta la durata dello studio, i partecipanti sono stati monitorati per assicurarsi che consumassero correttamente i loro snack. Alla fine dello studio, i partecipanti sono stati sottoposti a una valutazione dei nutrienti assunti e sono state eseguite nuovamente le stesse misurazioni e gli stessi esami del sangue fatti all’inizio dello studio. Nel gruppo delle mandorle, l’HbA1c (una misura del controllo della glicemia a lungo termine che funge anche da criterio diagnostico per prediabete e diabete) è diminuita significativamente rispetto al gruppo di controllo. Inoltre, il consumo di mandorle ha ridotto significativamente il colesterolo totale e il colesterolo Ldl ‘cattivo’ rispetto al gruppo di controllo, mantenendo inalterati i livelli di colesterolo Hdl ‘buono’.
“Cambiamenti nello stile di vita,…
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