L’80% delle apparecchiature per sanificare l’aria dal Covid non è efficace
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Secondo uno studio, l’80% delle apparecchiature per la sanificazione dell’aria per combattere il Covid-19 non è efficace. Insomma quella sicurezza ostentata dai produttori, che garantiscono e pubblicizzano il 99,9% di sicurezza va rivisto per difetto… e che difetto.
Uno studio smonta le apparecchiature per sanificare l’aria contro il Covid
Ciò riguarda soprattutto le apparecchiature costruite in Cina o Italia, mentre la migliore efficacia e la completezza delle informazioni si riscontrano nei dispositivi costruiti in Usa, Germania, Svizzera e Lussemburgo.
Lo studio, al quale ha collaborato anche il professor Alessandro Martucci dell’Università di Padova Dipartimento di Industrial Engineering, ha altresì rivelato che sono i raggi ultravioletti UV-C lo strumento migliore per abbattere patogeni e virus (compreso il coronavirus) nell’aria, distruggendoli.
Sette mesi di analisi sui raggi ultravioletti
Gli ingegneri di AC&E in oltre sette mesi di analisi hanno inoltre stabilito, con calcoli matematici, e sistemi di simulazione numerica molto sofisticati della Siemens, il livello di energia necessaria per la distruzione dei patogeni e virus nell’aria arrivando a dimensionare l’energia ceduta dalla lampada UV-C durante il tempo di attraversamento dei patogeni. In laboratorio, infatti, è stato riprodotto un colpo di tosse nell’aria contenente il virus SARS-CoV-2 per il quale è stato misurato il livello di abbattimento per mezzo dei raggi ultravioletti.
Calcolare l’energia conferita da un’onda elettromagnetica a un patogeno all’interno di un condotto rappresenta un calcolo molto complicato che non può essere sviluppato senza conoscenza e prove di laboratorio con tecnologia sofisticata.
Il progetto
Al fine di mettere a punto il calcolo gli ingegneri dei AC&E hanno anche , sia per quanto riguarda la parte di calcolo che la messa a punto dei materiali adeguati. Gino Zampieri, presidente di AC&E srl e AC&E North America inc, (la sede americana che si aggiunge alle altre filiali in Russia, Brasile, Spagna) spiega:
“Il nostro laboratorio ha ottenuto, primo in Europa, l’accreditamento internazionale da parte di uno dei principali enti americani, operando in conformità alla norma ISO 17025 del metodo di calcolo UV-C. L’investimento complessivo del nostro laboratorio per raggiungere questo risultato si aggira sui 250.000 euro, più il tempo di tre ingegneri e vari tecnici dedicati a questo progetto”.
Zampieri inoltre aggiunge:
“Abbiamo altresì verificato che, nonostante molti sistemi adottino lampade a raggi UV-C, pochi conoscono come essi realmente funzionino. Molti produttori o rivenditori promettono risultati sventolando dati di laboratori che anche se sono veri, spesso hanno solo una parziale attinenza con quanto realmente realizzato; in questo modo si inganna il consumatore mescolando ad arte dati veri con dati fuorvianti. I numeri non mentono, ma spesso servono per mentire”.
Macchinari complessi e quasi mai ad uso…
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