La giustizia riparativa entra in carcere a Mantova grazie ai Supporters

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La giustizia riparativa è la nuova frontiera giuridica per consentire a chi ha commesso un reato di pensare alla persona che l’ha subìto e a fare qualcosa per risarcire il danno causato.

A Mantova esiste un gruppo di sei persone formato da persone che stanno scontando una misura alternativa al carcere e da altre che, in passato, hanno seguito lo stesso percorso e adesso sono liberi cittadini. Sono i Supporters che mettono a disposizione la loro esperienza per progettare e realizzare azioni riparatorie. Un unicum in Italia.

Il gruppo è nato grazie alla collaborazione tra la casa circondariale di Mantova e il locale Ufficio esecuzione penale esterna. Nei giorni scorsi il gruppo è entrato nel carcere di via Poma e ha compiuto “un’azione riparatoria” attraverso la donazione alle detenute di erbe aromatiche. I Supporters hanno spiegato alle donne come piantarle nel giardino interno del carcere e come curarle. «È stata una cosa molto toccante – dice la direttrice del carcere Metella Romana Pasquini Peruzzi – non solo hanno donato le piantine alle detenute ma i Supporters le hanno anche stimolate a passi ulteriori. Hanno compiuto un percorso dimostrando di aver capito il disvalore del reato commesso e di volersi mettere al servizio della comunità per ricucire lo strappo. Quello nei confronti delle donne recluse è anche un gesto di solidarietà, un messaggio a tutti i detenuti, anche a quelli in procinto di uscire, a maturare la consapevolezza di quello che hanno fatto».

Già nel 2022, in occasione della festa della donna, grazie al funzionario giuridico-pedagogico dell’istituto penitenziario, Chiara Sgarbi, era stata co-progettata un’azione riparatoria con la donazione di una mimosa alla sezione femminile. I Supporters sono un gruppo in fase di crescita, gestito dall’Ufficio di esecuzione penale esterna diretto da Antonella Salvan. A collaborare sono la criminologa e assistente volontaria Marzia Tosi, l’assistente sociale dell’ufficio Silvia Clementi e, per quanto riguarda i percorsi formativi, la cooperativa sociale Hike.

«Vorremmo realizzare qualcosa anche in carcere – dice la direttrice – già dal momento della detenzione e non solo dopo aver scontato la pena, in modo da far maturare in loro la consapevolezza del reato e avere, quindi, delle persone nuove». Questo per promuovere una cultura riparativa già dietro le sbarre oltre che sul territorio.

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